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DOMENICO GUIDA, OPERATION MANAGER di AIDA-EUROPE ITALIA

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DOMENICO GUIDA, DAL SUD, CAPACITA', UMILTA' E DETERMINAZIONE

"Due soft skill sono consigliabili per un approccio corretto al mondo del lavoro, l'umiltà e la determinazione, qualità che non sono in contrapposizione.."
"Purtroppo vedo spesso giovani ingegneri che arrivano in azienda senza mordente e senza voglia di mettersi in gioco, vengono così relegati a lavori a basso valore aggiunto..."

Buon pomeriggio ingegner Guida. Anzitutto cominciamo col ringraziarla per la sua disponibilità e collaborazione nei confronti di UNI IN STRADA, che come lei ben sa è un’associazione no profit per la promozione di cultura, ricerca, formazione professionale, istruzione ed educazione volta a favorire la ricerca di lavoro da parte di giovani laureati. Anche per questi motivi è stato deciso di condurre tale intervista, considerando molto significativa l'esperienza di un professionista salernitano che ha deciso di lavorare nel nord Italia.

 

Iniziamo col parlare di lei…

D: La sua laurea…in?

R: Ingegneria delle Tecnologie Industriali indirizzo meccanico. È una specializzazione equipollente ad Ingegneria Meccanica. Sarebbe l’equivalente dell’attuale laurea in Ingegneria Gestionale, con un maggior taglio progettuale.

 

D: Come ricorda quegli anni?

R: Con grande piacere ed un pizzico di nostalgia. Sono stati anni intensi, sia sotto il profilo umano, che di apprendimento delle competenze. Ricordo un rapporto speciale con i docenti ed un grande affiatamento con i colleghi di corso. Non nascondo che ogni volta che rientro a Salerno, quando, subito dopo il casello di Mercato San Severino, scorgo il Campus Universitario, mi emoziono pensando a quegli anni.

 

D: Qual è stata la sua storia dopo la laurea?

R: La mia storia dopo la laurea si divide in due cicli: campano e lombardo. Il primo ha inizio a Napoli, nel novembre del 1990, quando, attraverso una segnalazione dell’Università, vengo assunto dalla Mecfond, una società del gruppo Iritecna che negli anni ’70 ha fatto la storia della metalmeccanica italiana, con più di 1500 dipendenti e la fornitura di tutto il parco presse ai maggiori costruttori di auto italiani ed europei. Il primo inserimento è stato in ufficio tecnico come progettista. Un’esperienza importante in un contesto stimolante e fortemente strutturato. In quegli anni ho avuto la possibilità, a seguito di un temporaneo affitto di ramo di azienda da parte della Müller Weingarten (multinazionale tedesca leader nella produzione di centri di stampaggio), di poter vivere anche un’esperienza oltre i confini nazionali con incarichi di sales engineering e project management. Nel 1998, a seguito di vicende familiari, sono stato indotto a lasciare la Campania per dirigermi in Lombardia. Ho iniziato, così un nuovo corso lavorativo a Bergamo, in un’azienda di medie dimensioni, a gestione padronale. In questa nuova esperienza, in un contesto apparentemente non favorevole per chi proveniva dal sud, ho vissuto invece 8 anni di grande crescita professionale, che mi ha consentito nel 2001 di ricevere l’incarico di Plant Manager con la qualifica di dirigente. Ho continuato questa esperienza fino al 2006 quando mi è stata offerta la possibilità di entrare nel management di un’azienda a respiro internazionale, ossia quella dove attualmente lavoro.

 

D: Si ritiene una persona più fortunata o più capace?

R: Ritengo di essere una persona molto fortunata, che ha avuto la capacità di cogliere le opportunità che le sono state offerte. Ho imparato nel corso degli anni quanto sia vincente la capacità di trasformare i problemi in risorse. Possiamo dire che le opportunità sono arrivate al momento opportuno, quando le conoscenze e le esperienze necessarie erano state ben metabolizzate e strutturate. Sicuramente mi sono trovato a fare delle scelte importanti. Difronte a più opportunità di lavoro ho sempre scelto l’azienda meglio strutturata e finanziariamente solida, dove avrei avuto il tempo di inserirmi e dove avrei potuto anche accrescere le mie competenze; anche se questo, in alcuni casi, è stato fatto a svantaggio di benefici economici immediati. Del resto, ogni scelta comporta una rinuncia!

 

...parliamo dell'azienda in cui lavora

 

D: In che azienda lavora attualmente?

R: Attualmente lavoro in Aida, una multinazionale giapponese nata nel 1917, quotata alla borsa di Tokyo. Presente in 19 Paesi tra Asia, America ed Europa, con cica 40 sedi. Aida è in Italia dal 2004. Ha il suo centro produttivo nel bresciano, a Pavone del Mella. La produzione è svolta da personale specializzato e da fornitori qualificati secondo gli standard ISO 9001.

 

D: Di cosa si occupa l'azienda?

R: Produciamo presse per lo stampaggio a freddo della lamiera. I nostri Clienti sono le case automobilistiche, che serviamo sia in forma diretta che attraverso i vari livelli di indotto. Per fare dei nomi possiamo citare Tesla, Jaguar, Fca, i gruppi PSA, Magnetto, Tiberina e così via. Operiamo anche nel settore degli elettrodomestici ed ultimamente stiamo consolidando la nostra fetta di mercato nel settore delle presse veloci con applicazioni importanti nel mondo dell’auto elettrica. Il nostro prodotto sono presse di diverso tonnellaggio: dalle monolitiche da 60 tonnellate di forza di stampaggio, alle presse transfer, progressive o linee tandem da 5200 tonnellate complessive. La progettazione è sviluppata in sinergia con casa madre. La realizzazione del prodotto avviene attraverso le fasi produttive di carpenteria saldata, lavorazioni meccaniche con asportazione di truciolo, il montaggio con i test funzionali e le relative certificazioni di conformità. La fornitura si completa con l’installazione presso il cliente e l’assistenza after sales. Tutto il know-how è di proprietà Aida.

 

D: Quali sono le dimensioni aziendali? In termini di produzione, numero di dipendenti, clienti\fornitori?

R: Abbiamo una capacità produttiva di circa 30 presse l’anno, tra grandi e piccole, pari ad un fatturato di circa 130 milioni di euro. Abbiamo attualmente un organico di 330 persone, di cui due terzi diretti e servizi di produzione. Il nostro parco fornitori è essenzialmente europeo, esso è stato selezionato negli anni, con audit di qualifica, secondo i più recenti standard ISO di qualità. Vi è un monitoraggio costante delle performance e quindi una graduatoria di merito che pilota le scelte dei buyers nell’affidamento degli ordini.

D: Qual è il suo ruolo nell’azienda?

R: Attualmente sono il direttore delle Operation.

 

...analizziamo la corrispondenza lavoro-studi universitari

 

R: Aida si è insediata in Europa rilevando, nell’aprile del 2004, dal gruppo Manzoni, lo stabilimento di Pavone del Mella (ex. Rovetta) e la sede storica lecchese della Manzoni Presse. Io sono entrato nel gruppo Aida con il ruolo di Production Controller dei due stabilimenti e responsabile di produzione dello stabilimento di Lecco. Nel 2012, al fine di efficientare i processi produttivi, si è deciso di concentrale la produzione in un unico polo, quello bresciano. In questo passaggio mi è stato assegnato l’incarico di Quality e Safety Manager, per revisionare il sistema di qualità di Aida, allineandolo a quello dell’intero gruppo. In questa esperienza ho aggiornato la certificazione del sistema qualità allo standard ISO 9001:2015 e progettato, implementato e certificato il sistema di gestione della sicurezza, ottenendo nel 2014 la certificazione secondo lo standard OHSAS18001. Questo incarico mi ha consentito di entrare nei dettagli dei processi, snellendoli e revisionandoli in termini di efficienza ed allineandoli a quelli delle altre aziende del gruppo Aida.

 

D: Il suo ruolo aziendale è in linea con la figura professionale per la quale si è laureato?

R: È pienamente in linea con gli studi fatti di gestione degli impianti industriali, anche se a distanza di 30 anni dalla laurea, quello che resta della formazione universitaria sono la capacità di analisi e sintesi dei problemi di gestione e le competenze tecniche necessarie per adottare le decisioni più opportune nelle situazioni di problem solving. Una parte importante del mio lavoro consiste nella gestione delle risorse umane di produzione, attività che richiede attitudini quali la comunicazione, il coaching, la gestione del team, la gestione della delega, capacità di analisi dei dati per il miglioramento continuo dei processi gestiti. Non mi capita spesso di imbattermi in soluzioni di equazioni differenziali o di integrali, ma sicuramente la forma mentis acquista nel percorso universitario consente di decidere su basi razionali, dalla lettura dei dati (tecnici ed economici) e dalle informazioni che essi forniscono.

 

D: Qual'è stato il suo primo ruolo aziendale?

R:. In Mecfond ho iniziato a lavorare in ufficio tecnico, con la qualifica di progettista ed ingegnere calcolatore, ossia verificavo la correttezza dimensionale delle soluzioni tecniche adottate dai progettisti. Questo mi ha permesso di acquisire capacità di modellazione della realtà, per l’applicazione delle leggi della meccanica nelle sue formulazioni canoniche e di entrare nei dettagli dimensionali e funzionali di tutti gli organi che compongono una pressa, sia essi meccanici ma anche impiantistici. Tutte queste conoscenze sono alla base di gran parte delle decisioni, anche di natura organizzativa, che ogni giorno sono chiamato a prendere. È il bello della interdisciplinarità dell’ingegneria!

 

D: Da neolaureato il suo lavoro era in linea coi suoi studi?

R: Il mio primo incarico in ufficio tecnico lo ricordo con grande entusiasmo, poiché mi ha consentito di mettere a frutto tutte le competenze acquisite nel corso degli studi universitari, e questo mi faceva sentire realmente “ingegnere”, anche se all’inizio, questo appellativo, mi metteva un po’ in soggezione, quando le persone lo utilizzavano per richiamare la mia attenzione. Poi nel tempo mi sono abituato, man mano che ho acquisto consapevolezza del ruolo e della funzione ad esso legata.

 

...lavoro al nord Italia

 

D: Attualmente lavora al nord Italia, su quale base è stata effettuata la sua scelta?

R: Nel mio caso la scelta è stata facilissima, poiché, come detto, la vita ha scelto per me. Mi sono trasferito nel nord Italia non per perseguire esigenze lavorative, in quanto già ben inserito nel contesto campano, ma per ragioni familiari. Questa è stata la prima vera situazione dove un problema iniziale è diventata una importante risorsa per la mia crescita professionale. Il nord Italia offre sicuramente più opportunità di sviluppo professionale di quelle possibili al sud, anche se negli ultimi anni ho registrato un significativo sviluppo delle realtà industriali del sud ed anche nel distretto industriale salernitano, con non poche eccellenze.

 

D: Nel futuro, anche quando sarà in pensione, vorrà tornare al sud oppure la sua vita ormai è lì?

R: Io vedo il mio futuro post-lavorativo vissuto in una quota significativa anche al sud. Oggi più che mai siamo cittadini del mondo e la possibilità di muoversi in modo rapido ci consente di dimorare in più posti secondo le esigenze e le opportunità del momento. Noi ingegneri viviamo sempre in prospettive pianificate, dove ogni cosa è al suo porto e le attività hanno una relazione stretta di reciproca dipendenza. In questa logica io mi sto costruendo le premesse per un ritorno nella mia terra di origine, per poter rivivere emozioni, contesti e amicizie della mia gioventù, però cerco, per quanto possibile, di vivere nel presente, altrimenti la vita vola via e si resta sempre nell’attesa di un futuro che deve venire.

 

D: Qual è la differenza principale tra azienda del nord e azienda del sud?

R: La differenza nelle aziende la fanno, in ordine, il management, il contesto e le risorse disponibili. Al nord è tutto più facile, perché il contesto in cui si opera è molto più ricco di possibilità, l’indotto è qualificato, i servizi sono efficienti, le condizioni sociali sono di reale supporto. Il management è competente, con punte di eccellenza, che non me ne vogliano i miei colleghi lombardi, spesso si riscontrano in persone con origini meridionali. La capacità di comunicare ed umanizzare i rapporti con i propri collaboratori, la “fame” di emergere e l’intuito nell’adozione di soluzioni non sempre scontate (mi consenta il plurale maiestatis) ci permette di emergere ed affermarci. Tutto questo è la sintesi tra umiltà e determinazione che sono alla base del successo. Perché tutto questo non è possibile anche al sud? Il contesto sicuramente ha la responsabilità maggiore. In ogni caso, come dicevo prima, in quest’ultimi anni ho evidenze di un significativo miglioramento, con molte aziende e start up del sud che eccellono nel proprio settore e non solo a livello italiano.

Figure aziendali

 

D: Qual è la figura più presente in azienda?

R: In un’azienda manifatturiera, le figure di progettazione e produzione sono il cardine dell’organizzazione. In particolare, le prime determinano le sorti, nel bene e nel male, di un’azienda. Sono la mente pensante, creatrice, che conferisce al prodotto tutte le caratteristiche per affermarsi sul mercato, ampliandone la penetrazione, allungandone la permanenza e definendone i margini di profitto. Le seconde sono gli esecutori, che ne devono realizzare ad litteram ciò che è stato ideato, nel modo più efficace ed efficiente possibile, per non snaturare il prodotto o depredare il margine atteso ricavabile.

 

D: Qual'è la figura più richiesta in azienda?

R: Oggi, come sempre, le figure tecniche sono quelle più richieste, in particolare quelle dell’Engineering, proprio per la strategicità che ricoprono. Tra queste, vi è quella del softwarista, che risulta essere la più richiesta e quindi anche la meglio remunerata. Difficile oggi trovare sul mercato softwaristi pronti per progettare, ed ancor più, installare impianti di produzione, soprattutto quelli, come i nostri, che sono molto complessi, con più linguaggi da utilizzare, centinaia di sensori da gestire e con funzioni logiche ed interfacce articolate. Le aziende per fronteggiare questo problema sono costrette a partire da giovani diplomati, che vengono formati con un percorso interno, che richiede anni di formazione per poi, gradualmente, inserirli nel ruolo. È un ruolo con elevato turnover, proprio per l’elevata domanda del mercato, che ha una crescita esponenziale, dato che il progresso tecnologico ormai è nel pieno della quarta rivoluzione industriale, ossia Smart Manufacturing e Digital Industry, in poche parole la Industry 4.0.

 

D: È più facile essere assunto da neolaureato o da professionista specializzato?

R: Nei colloqui di lavoro viene assunto quello che manifesta maggiori motivazioni e voglia di emergere. Quando faccio un colloquio di assunzione valuto le reali motivazioni. Il curriculum e le competenze sono importanti, così come le conoscenze linguistiche, ma ciò che desta interesse nelle aziende che devono assumere è la voglia del candidato di mettersi a disposizione dell’azienda, con le competenze attuali e quelle che si dovranno necessariamente acquisire. È importante quindi non sentirsi, né tantomeno mostrarsi, già appagato dei propri risultati. La mediocrità caratteriale non premia, anche difronte ad un 110 e lode o un tecnico altamente specializzato.

 

D: È difficile cambiare ambito lavorativo all'interno della stessa azienda?

R: Io sono un esempio di chi, seppure abbia cambiato solo tre aziende, ha ricoperto numerosi ruoli, diversi ma complementari. L’importante è dare un segno di continuità a ciò che si fa, in un progetto, possibilmente condiviso con il management aziendale, di sviluppo e crescita professionale della persona. Oggi, un problema significativo è garantire un valido ricambio al management aziendale nel segno della continuità. Gli imprenditori lungimiranti devono dare peso a questo aspetto, se vogliono assicurare un futuro stabile alle proprie aziende. I manager spesso nascono, crescono e si formano nelle aziende dove andranno a dirigere. Questo è anche uno sperimentato e spesso vincente modello giapponese.

 

D: Che approccio consiglia quando si entra in un nuovo contesto lavorativo?

R: Umiltà e determinazione. La prima prevale sulla seconda in funzioni del momento di crescita aziendale e dal livello di competenze ed esperienze possedute. All’inizio del proprio percorso lavorativo bisogna concentrarsi sull’acquisire competenze e conoscenze e sviluppare attitudini, che si possono maturare solo attraverso una elevata predisposizione all’ascolto ed all’osservazione. Poi subentra la determinazione, ossia la propensione nel mettere in pratica quanto appreso, in chiave personale, con le riletture, più o meno vincenti, che ognuno ha dal proprio background, per affermare idee o scelte nelle decisioni aziendali. Nei percorsi aziendali, emerge chi ha il coraggio di decidere facendo meno errori possibili. In tutto questo, personalmente, mi ha aiutato la mia esperienza di arbitro di calcio. L’arbitro è colui, che basandosi sulle proprie competenze (tecniche ed atletiche) deve decidere in pochi secondi. Un arbitro non può non decidere. Il manager è colui che essendo il leader di uno o più processi deve farsi carico di supportarli con decisioni autorevoli, che non può esimersi dal prendere.

 

...per concludere

 

D: Consiglia a un neolaureato di recarsi dove trova il lavoro migliore o valutare sempre la vivibilità del luogo dove andrà?

R: Il lavoro assorbe circa 10-11 ore della propria giornata per cui la qualità del lavoro, l’ambiente e il ruolo ricoperto sono determinanti anche per una buona qualità della vita, poi, se a questo aggiungiamo che l’Italia è un paese fantastico a qualunque latitudine e longitudine, non è difficile affermare che il lavoro è prioritario nella scelta di dove vivere. Poi è anche vero che dove l’offerta lavorativa è maggiore, essendo questo un indicatore di benessere, anche il contesto sociale offre servizi più efficienti. Mi risulta difficile immaginare situazioni diverse. Poi quello che fa la differenza è la filosofia di vita che ognuno si porta dentro. Vivere e lavorare non si escludono a vicenda, ma lavorare bene aiuta a vivere meglio!

 

D: Se avesse la bacchetta magica cosa modificherebbe o non vivrebbe nella sua vita lavorativa?

R: Non modificherei, né eliminerei nulla dalla mia vita, ma se potessi aggiungerei qualcos’altro. Il mio rammarico è stato quello di non aver colto, appena laureato, la possibilità di vivere una esperienza di dottorato universitario preferendo il lavoro in azienda. Questa possibilità avrebbe sicuramente reso più competitivo il mio curriculum, così come la frequentazione di un master in amministrazione di impresa. Due fattori questi, che sicuramente possono fare la differenza in un colloquio di lavoro per collocarsi più rapidamente a certi livelli dirigenziali. In ogni caso sono contento della mia esperienza, avendo maturato sul campo le competenze necessarie per ottenere risultati che mi gratificano molto sul piano lavorativo, sicuro che molto ancora dovrò imparare, con la stessa umiltà e determinazione di 30 anni fa, se vorrò continuare a vivere con soddisfazione la mia vita lavorativa.

 

Grazie mille ingegnere per le sue importanti indicazioni, gli interessanti spunti di riflessione e il suo coinvolgente entusiasmo.

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